2012 IL COMUNE CONSENTE I FRAZIONAMENTI I RESIDENTI LIEVITANO E I SERVIZI NON BASTANO PIU ampliare

LA LUPA CAPITOLINA FAGOCITA EURO FAVORENDO I FRAZIONAMENTI I RESIDENTI LIEVITANO E I SERVIZI NON BASTANO PIU’

 

 

Nonostante gli ottimi rapporti tra il Municipio XIII e il Consorzio Axa (il Primo Dirigente dell’U.O.T. siede nel Consiglio di Amministrazione), il Campidoglio, o per essere più precisi, la burocrazia capitolina, ignorando persino le bacchettate ricevute dal T.A.R. (Tribunale Amministrativo Regionale), a cui il Consorzio si è dovuto appellare per conoscere il motivo per cui gli è stata assegnata una percentuale pari al 35% delle spese per la manutenzione delle strade, mentre alla maggior parte degli altri consorzi è stata data del 50%, l’8 agosto di quest’anno con una delibera stilata all’unanimità dalla Giunta in carica, ha deciso di confermare le stesse percentuali di contributo stabilite dalla delibera n. 207 dello scorso anno. Ancora una volta senza giustificare la palese discriminazione. Perciò, al Consorzio Axa, cioè a tutti i consorziati, non resta che mettersi di nuovo le mani in tasca e spendere altri 5.000 euro circa per presentare un nuovo ricorso al T.A.R. allo scopo di recuperare quel 15%, che in cifre assolute è una somma di tutto rispetto, pari a circa 2/300.000 euro/anno.

Soldi che – ATTENZIONE! – il Campidoglio non ci “regala” per pura munificenza, ma ci DEVE a titolo di “risarcimento danni”, visto che le strade del quartiere Axa appartengono di diritto ai consorziati, come è ben evidenziato nei contratti di compravendita degli immobili, ma “aperte al pubblico transito”. Cioè gli “axensi”, a differenza degli abitanti-proprietari dell’Olgiata, invece di chiudere il comprensorio con le sbarre, in pratica le hanno “concesse” al Comune per farci passare tutti, a cominciare dagli abitanti delle quattro nuove “città” che proprio grazie al Campidoglio sono nate negli ultimi tempi attorno all’Axa: Infernetto (in pochi anni da 5.000 abitanti a 45.000!), Malafede, Acila Sud/San Giorgio e Stagni, la cui lottizzazione a tappeto sta per essere completata.

 

 

LA CONVENZIONE AXA-COMUNE DI ROMA?

PER IL CAMPIDOGLIO E‘ CARTA STRACCIA!

 

Nel frattempo, però, la voracissima “lupa” burocratica comunale, non contenta di ridurci i contributi senza darci neppure spiegazioni, ci spolpa con l’IMU, le sempre più salate bollette dell’AMA, nonostante la pulizia delle strade i consorziati Axa se la paghino da soli, e, cosa ancora più grave, continuando a concedere allegramente condoni edilizi e D.I.A. (Denuncia di Inizio di Attività in edilizia) per suddividere le grandi abitazioni in tanti appartamenti più piccoli, operazione che si presta magnificamente alle ville dei quartieri residenziali o alle grandi case patrizie dei centri di ogni città d’Italia.

Peccato che queste suddivisioni interne, favorite anche dalle leggi nazionali per rilanciare l’economia e da sconti fiscali, facciano aumentare a dismisura gli abitanti, rendendo automaticamente insufficienti i servizi essenziali, progettati e realizzati per un numero limitato di persone in base alle cubature previste dai vari Piani Regolatori. Un fenomeno, questo dell’insufficienza dei servizi e della relativa necessità di adeguarli a costi proibitivi, che si sta diffondendo in tutta Italia, ma che i consorziati dell’Axa avvertono immediatamente, dovendolo pagare di tasca propria.

L’ Art. 7 della Convenzione, che poi è il contratto “vincolante” (o che per lo meno dovrebbe essere tale) tra la Soc. Axa e il Comune di Roma stipulato nel lontano 1961, ma non per questo andato “a male”, è molto chiaro in proposito:

“… I lotti non potranno essere ulteriormente suddivisi, e pertanto, verrà negata qualsiasi licenza venisse richiesta per costruzioni interessanti frazioni di detti lotti”.

Per il Campidoglio, però, che pure è uno dei due cofirmatari, quel contratto è stato, ed è tuttora, solo carta straccia!

 

 

I MOTIVI DEL FRAZIONAMENTO

 

Gli italiani hanno sempre avuto la predilezione per la casa di proprietà, tanto che, a differenza del resto d’Europa e forse del resto del mondo, quasi il 75% possiede almeno quella in cui risiede. Il dato statistico, però, si riferisce a chi oggi una casa ce l’ha già e quindi agli anni passati, dal 1960 al 2000, quando comprarla era ancora relativamente semplice, sia perché le banche facevano il loro mestiere erogando i mutui, sia perché lavoro e stipendi permettevano di pagare senza troppi affanni le rate.

Intorno agli anni ‘70/80, poi, invalse la moda dei quartieri residenziali fuori città, che promettevano vita più tranquilla, poco traffico, meno rumori, aria pulita e possibilità di combattere lo stress crescente e i chili di troppo facendo jogging o pedalando nel verde. Inoltre, cosa tutt’altro che trascurabile, una villetta a 10/15 chilometri dal centro, magari su più piani, di cubatura medio-grande, dotata di giardino e talvolta persino di piscina condominiale o individuale, costava meno di un appartamento in città. E non c’erano neppure troppi problemi per raggiungere il posto di lavoro, dato che strade e raccordi smaltivano agevolmente il traffico e non si erano ancora trasformati come oggi in fiumi di latta dove si procede a passo d’uomo.

Insomma, due soldini in più, un buon posto di lavoro, mutui accessibili e l’illusione di una crescente agiatezza, spinsero molti appartenenti alla borghesia medio-alta a lasciare le città e ad acquistare grandi ville o villette a schiera nei quartieri residenziali immersi nel verde che proliferavano attorno alle grandi città e che, anno dopo anno, diventando sempre più vivibili, si dotavano dei servizi indispensabili, come uffici postali, banche, ambulatori, supermercati, scuole, bar, cinematografi e negozi.

Ma poi… tra la fine del secolo scorso e l’inizio di quello attuale, tre fenomeni, seppure ampiamente prevedibili, ma evidentemente sottovalutati, hanno finito per mutare, forse per sempre, il quadro idilliaco dei quartieri residenziali:

 

a)    l’invecchiamento della popolazione;

b)    l’aumento indiscriminato del cemento e quindi del traffico;

c)     l’immigrazione;

d)    la crisi economica.

 

Per molti proprietari di ville grandi o medie acquistate negli anni d’oro, infatti, il tempo è passato in fretta e via via che i figli sono diventati adulti e se ne sono andati di casa per sposarsi o per lavoro, stanze corridoi e saloni si sono rivelati tristemente sovradimensionati per coppie alla soglia della terza età, finendo per generare una spiacevole sensazione di solitudine.

Inoltre, l’esplosione edilizia dei quartieri periferici ha cominciato ad accerchiare i comprensori residenziali, mentre il conseguente aumento dei residenti, e quindi delle automobili, ha intasato rapidamente le strade dirette al centro della città, che si sono presto rivelate non più adatte a far scorrere agevolmente il traffico.

Negli ultimi anni, poi, la crisi economica più spaventosa dopo quella del 1929 ha completato il quadro.

I proprietari di ville nei quartieri residenziali o di grandi appartamenti nelle città hanno cominciato a vendere i loro immobili, divenuti troppo costosi da mantenere per via dell’aumento contemporaneo e spropositato di tasse e servitù. Finché gli effetti devastanti della crisi, erodendo gli ultimi risparmi, hanno prosciugato i conti in banca e allora anche i compratori hanno cambiato volto: non più privati ansiosi di concretizzare sogni nel frattempo divenuti impossibili, ma società immobiliari, determinate a far fruttare al massimo l’investimento suddividendo i grandi spazi ormai invendibili in tanti appartamenti più piccoli, ancora alla portata delle famiglie più fortunate.

 

 

AUMENTANO GLI ABITANTI E I SERVIZI NON BASTANO PIU’

 

All’Axa, ed è presumibile anche a Casalpalocco e forse negli altri quartieri residenziali di Roma e del resto d’Italia, si sta quindi verificando un fenomeno parallelo e conseguente al frazionamento degli alloggi, destinato a mettere in gravi difficoltà le amministrazioni: l’aumento della popolazione.

Il problema nasce dal fatto che i servizi pensati per un certo numero di abitanti, anche se realizzati previdentemente per un numero maggiore, mano a mano che i residenti aumentano non bastano più. Le strade, anche quelle interne, non riescono più a smaltire l’incremento del traffico. L’aumentata necessità di mezzi pubblici e del trasporto commerciale su gomma per rifornire i super e mega mercati, i TIR per capirci, consuma rapidamente l’asfalto, facendo lievitare i costi della manutenzione. Anche il sistema fognario, progettato per un certo numero di persone, si rivela di colpo insufficiente e alle prime piogge torrenziali, sempre più frequenti del resto, si intasa e tracima, provocando allagamenti talora tragici. Fenomeno incrementato dalla pavimentazione dei giardini e dalla loro trasformazione in posti macchina, che riduce sempre di più l’assorbimento dell’acqua piovana. I depuratori, poi, devono essere potenziati, con spese costosissime che aggravano le bollette. Anche per la raccolta dei rifiuti servono più mezzi e più uomini e i relativi costi divengono ogni giorno più onerosi.

 

 

ALL’AXA LA SITUAZIONE METTE PAURA

 

Un fenomeno, quello della suddivisione interna degli immobili e quindi della moltiplicazione degli abitanti, che all’AXA sta assumendo proporzioni inquietanti. Solo a titolo di esempio, da una villa di 250 mq sono stati realizzati ben 8 (OTTO!) appartamenti (nelle foto, 9 cassette postali e 8 citofoni di ville che prima erano unifamiliari!). E non è un caso isolato. Da una villa a schiera di 4 piani ben 4 appartamenti, uno per piano. E così via, tanto che la popolazione del quartiere Axa dalle 9.000 unità di dieci anni or sono, è cresciuta a circa 14.000. Ma i servizi, pensati al momento della lottizzazione per 9.000 persone, ovviamente ora non bastano più. Il sistema fognario va ampliato, il depuratore potenziato, la manutenzione stradale incrementata, la raccolta dei rifiuti verdi e la pulizia delle strade intensificate. Quindi, oltre alla spesa complessiva una tantum, che si aggira attorno ai 500.000 euro (un miliardo delle vecchie lire!), ci sono pure incrementi di spesa corrente. Visto che però questi servizi sono privati, come pure le strade, il depuratore, le fogne, il verde e l’illuminazione pubblica, la domanda è: chi paga?

I consorziati, of course.

O per essere più precisi, perché mai i consorziati che non hanno né diviso, né ampliato la casa, che per ora sono ancora la maggioranza, si devono accollare le spese tutt’altro che irrilevanti per l’adeguamento dei servizi anche per i nuovi arrivati, mentre le società immobiliari si sono arricchite sulla nostra pelle frazionando gli immobili? Cosa può fare il Consorzio Axa per arginare il fenomeno, se persino il Comune di Roma sembra non porsi affatto il problema?

 

 

E ADESSO CHI PAGA PER ADEGUARE I SERVIZI?

 

L’idea verso cui si sta orientando il Consiglio di Amministrazione del Consorzio Axa per fare fronte alle forti spese previste per l’ormai indispensabile adeguamento dei servizi è quella di caricarle prevalentemente ai nuovi arrivati, al momento della richiesta di allaccio in fogna, documento indispensabile sia per la vendita di un immobile, che per il suo frazionamento. Naturalmente il contributo verrà richiesto solo a coloro che hanno acquistato o acquisteranno abitazioni frutto di divisioni interne, da una parte ponendo in questo modo un argine al dilagare a macchia d’olio del fenomeno, dall’altra sgravando dall’aumento dei contributi chi non ha commesso nessun abuso.

 

 

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