I fondi UE ai quali, a fronte di progetti validi sia sulle finalità che sulle modalità di esecuzione, potremmo accedere, sono da considerare un’opportunità irripetibile per dare un’accelerata ad una macchina statale obsoleta e cervellotica che condiziona drammaticamente l’economia italiana; comunque non sono da considerare solo come rose e fiori. I fondi non sono un regalo ma un prestito che dovremmo estinguere nei prossimi anni; anche quelli cosiddetti “a fondo perduto” in realtà graveranno sui bilanci della Comunità Europea della quale l’Italia è tra i principali contribuenti. Infatti, i 67 miliardi a ”fondo perduto” ai quali potremmo accedere fanno parte di un totale di circa 270 che verranno elargiti alle nazioni della Comunità; tenendo conto che l’Italia contribuisce con circa il 13% al bilancio UE, i miliardi a nostro carico saranno 35 . I miliardi netti pertanto saranno 32. Per quanto concerne il maggior debito che contrarremo con l’Europa, solo per ripagarlo sarà necessaria la crescita dell’economia di almeno 2% all’anno. I fondi, secondo quanto si va dichiarando, saranno utilizzati ai fini altamente condivisibili quali l’istruzione, la digitalizzazione, lo sviluppo dei sistemi di comunicazione, la sburocratizzazione e via dicendo. Ma le centinaia di miliardi stanziati su importanti progetti e da anni bloccati con varie motivazioni procedurali non perseguivano, almeno in parte, gli stessi fini? Il paio di centinaia di miliardi di prestiti a rimborso pluriennale a cui potremmo accedere non fanno scopa con i circa 60 miliardi (ampiamente documentati) buttati ogni anno al vento per incompetenza, sprechi e inutili lacciuoli burocratici? È necessaria una profonda presa di coscienza del fatto che lo Stato, a prescindere del colore dei governanti, non ha dimostrato di essere un buon gestore e che sono molte le cose, non ultima la mentalità, che è necessario modificare per sviluppare e realizzare progetti che ci consentano un indice di crescita paragonabile alle nazioni che ci circondano. Si sente dire che con le provvidenze UE “riprenderemo a correre”; ma quando mai abbiamo corso? Per anni ci siamo trascinati con indici di crescita da terzo mondo. All’inaugurazione del ponte di Genova le Autorità si sono fatte belle dei tempi quasi “cinesi” della ricostruzione facendo intendere che quando si vuole si può fare. Roba da non crederci! Si vuole intendere che normalmente non si vuole? Forse a qualcuno fanno comodo i lacci e i lacciuoli che rendono gli iter burocratici una palude invalicabile? Qualcuno che ci capiva una volta disse che “a pensar male si fa peccato ma ci si indovina”. La riforma della Pubblica Amministrazione è condizione necessaria per ripartire e approfittare delle risorse che ci verranno fornite in quanto, senza uno sfoltimento delle leggi, spesso cervellotiche, e un’ottica meritocratica non sarà possibile realizzare alcuna riforma.
Ma certo è molto più facile promettere e lanciare il cuore oltre l’ostacolo piuttosto che intervenire per rimuoverlo, e fino ad adesso l’elettorato ha sempre premiato chi ha promesso mari e monti, perché qualsiasi razionalizzazione prevede la scomparsa di piccoli particolari privilegi.
Maurizio Palchetti