E’ bello dirsi ambientalisti ma non è facile esserlo.
L’ambientalismo è una scienza, anzi una “summa” di varie scienze e come tale va studiata ed applicata senza incorrere nel facile errore “di far fare alla natura” che, al contrario, modella l’ambiente a misura della specie dominante o, al più, interviene ristabilendo nuovi equilibri in tempi epocali.
Nel nostro pianeta non si può più parlare di zone ad ambiente naturale (ambiente che non ha subito modifiche da parte dell’uomo o con modifiche tali da conservarne l’aspetto e le funzionalità originarie) infatti anche i “Parchi” o le “Zone protette” risentono pesantemente dell’influenza delle variazioni ambientali globali quali le piogge acide, il riscaldamento dei mari e le modifiche nella migrazione della fauna. Siamo ormai in un ambiente costruito, ambiente “artificiale” le cui caratteristiche sono diretta conseguenza dell’attività umana; ed è in questa situazione che si deve ricercare la compatibilità ambientale mediante la ricerca e lo sviluppo delle condizioni che permettono a specie diverse di trarre reciproco beneficio dalla convivenza.
Entrando nel concreto e nella più vicina realtà, se la nostra aspirazione è di vivere e lavorare nel verde dobbiamo capire che ciò non è realizzabile gratis ma solo compatibilizzando le esigenze umane e del progresso con quelle della flora e della fauna.
Per prima cosa vanno individuate e preferite le specie arboree meno soggette a malattie, ad attacchi fungini e con un apparato radicale compatibile con il manto stradale e non privilegiando esclusivamente l’aspetto paesaggistico; dopo il trasferimento della capitale a Roma gli architetti piemontesi riempirono la città di palmizi perché “più confacenti ad una città meridionale” e negli anni ’50 altri architetti videro come principale essenza arborea il pino domestico, bello, in verità, ma poco adatto ad un ambiente cittadino.
In particolare questa essenza, che naturalmente vanta una vita media di circa 200 anni, in ambiente urbano la vede più che dimezzata, senza contare la particolare predisposizione ad attacchi fungini alle radici che ne compromettono la stabilità.
Se da un lato è di primaria importanza garantire una sufficiente capacità drenante del suolo, una adeguata cura della chioma, una corretta irrigazione e una periodica profilassi degli insetti defolianti, dall’altro è evidente che è necessario sviluppare un piano di controllo dello stato di salute delle piante e di interventi per la sicurezza contemplando un programma di abbattimenti e reimpianto che consenta di mantenere in piena salute, e quindi migliorare, il locale patrimonio arboreo. Ed è ciò che attualmente il Consorzio AXA sta perseguendo, con il supporto di un agronomo qualificato, costruendo una scheda “sanitaria” per ogni albero al fine di prendere le eventuali contromisure.
Il Consigliere
Maurizio Palchetti