Ambientalista o amante della natura ?

L’ambientalismo non è da tutti; si fa presto a fregiarsi di questo aggettivo ma in realtà non è facile esserlo.
L’ambientalismo è una scienza, anzi una “summa” di varie scienze e come tale va studiata ed applicata senza incorrere nel facile errore “di far fare alla natura” che, al contrario, modella l’ambiente a misura della specie dominante o infestante ristabilendo, nel tempo, nuovi equilibri.
Se riconduciamo il termine “ambientalista” in un ambito più limitato ed egoistico di “amante della natura” allora penso che ci riconosciamo in molti.
Desideriamo vivere nel verde, giardino e parchi, desideriamo una lotta efficace contro gli insetti, zanzare e formiche, spesso non spengiamo la luce, ci dotiamo di impianti d’aria condizionata, accettiamo le discariche basta che non siano vicine, privilegiamo, insomma, il nostro benessere e a questo fine modelliamo la natura intorno a noi.
Siamo ormai in un ambiente costruito, “artificiale”, le cui caratteristiche sono diretta conseguenza dell’attività umana; ed è in questa situazione che è opportuno perseguire la “compatibilità ambientale” mediante la ricerca e lo sviluppo delle condizioni che permettono a specie diverse di trarre reciproco beneficio dalla convivenza.
Entrando nel concreto e nella più vicina realtà, se la nostra aspirazione è di vivere e lavorare nel verde dobbiamo capire che ciò non è realizzabile gratis ma solo rendendo compatibili le esigenze umane e del progresso con quelle della flora e della fauna.
Per prima cosa vanno individuate e preferite le specie arboree meno soggette a malattie, ad attacchi fungini e con un apparato radicale compatibile con il manto stradale e non privilegiando esclusivamente l’aspetto paesaggistico; dopo il trasferimento della capitale a Roma gli architetti piemontesi riempirono la città di palmizi perché “più confacenti ad una città meridionale” e negli anni ’50 altri architetti videro come principale essenza arborea il pino domestico, bello, in verità, ma poco adatto ad un ambiente cittadino.
In particolare questa essenza, che naturalmente vanta una vita media di circa 200 anni, in ambiente urbano la vede più che dimezzata, senza contare la particolare predisposizione ad attacchi fungini alle radici e la sua instabilità agli eventi climatici a causa della mancanza di radici di profondità (fittone).
Se da un lato è di primaria importanza garantire una sufficiente capacità drenante del suolo, una corretta irrigazione e una periodica profilassi degli insetti defolianti, dall’altro è evidente che è necessario sviluppare una particolare e sistematica attenzione allo stato di salute delle piante. Ciò consente di predisporre un piano di interventi per la sicurezza contemplando un programma di cura della chioma nonché di abbattimenti e reimpianto che consenta di mantenere in piena salute, e quindi migliorare, il patrimonio arboreo del comprensorio.
Non è un caso, infatti, che i nostri alberi di alto fusto abbiano potuto superare indenni i particolari eventi climatici che si sono susseguiti negli ultimi tempi. Ed è in questa ottica di cura del verde e di sicurezza degli abitanti che attualmente il Consorzio AXA si è mosso, con il supporto di un agronomo qualificato, mediante la compilazione di una scheda “sanitaria” per ogni albero di alto fusto al fine di prendere in tempo le eventuali contromisure.
Facendo, per brevità, unicamente riferimento ai pini, che tra le specie arboree “cittadine” sono tra le più problematiche; il controllo assiduo del loro stato di salute e della loro stabilità, che comporta circa 150 interventi annui di potatura di riequilibrio della chioma, ha permesso di ridurre al minimo la necessità di abbattimento, vuoi per malattia, vuoi per fine vita o, infine, per gravi danneggiamenti alla sede stradale.
In particolare dal 2016 ad oggi, su un totale di più di 350 pini la necessità di abbattimento è risultata, mediamente, di 10 esemplari/anno; tenendo conto che nello stesso periodo sono state messe a dimora circa 237 essenze alto-fusto, e considerando pessimisticamente un indice di attecchimento del 85%, si può affermare che in questi anni c’è stato un notevole arricchimento del patrimonio arboreo. Ciò, a paragone di quanto avviene negli impianti arborei che ci circondano, rappresenta un risultato di tutto rispetto e ne siamo giustamente orgogliosi.

Maurizio Palchetti

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